Fruttivendolo: un mestiere che scompare?
Tutti gli istituti di ricerca sottolineano il fatto che abbiamo attraversato un lungo periodo di stagnazione sorto a seguito dell’introduzione dell’euro e del forte e contestuale incremento dei prezzi medi al consumo.
La razionalizzazione della spesa, come reazione dei consumatori a questo stato di cose, è un fenomeno che non ha riguardato in maniera indiscriminata tutti i prodotti. Ad esserne stati colpiti sono stati soprattutto i
prodotti maturi (radicati nella tradizione alimentare italiana), caratterizzati da livelli saturi di consumo. Diverso è apparso, invece, il comportamento della domanda di prodotti a cui il consumatore attribuisce valori o funzioni diverse da quelli tesi a soddisfare il solo bisogno alimentare (prodotti caratterizzati, ad esempio, da un forte connotato salutistico o di servizio).
La situazione congiunturale ed i cambiamenti derivanti dalle mutate esigenze della domanda al consumo sono alla base della fase evolutiva che ha interessato il settore distributivo italiano. In termini di trasformazioni strutturali si evidenzia il persistere di una riduzione del numero dei piccoli negozi alimentari a sede fissa, un incremento delle medie e grandi strutture di vendite - soprattutto al meridione d’Italia – e un consolidamento dei canali ambulanti.
Purtroppo si registrano crescenti segnali di debolezza anche presso la quasi totalità delle categorie di prodotto del freschissimo,altamente specializzate, quali alimentari, macellerie, panetterie, pescherie, frutterie, case del formaggio. Iin tal caso, bisogna riconoscere alla Grande distribuzione la capacità di aver saputo catturare questo tipo di domanda, caratterizzata da un consumo quasi giornaliero.
Nel corso del 2007 le famiglie italiane hanno acquistato quasi 8,2 milioni di tonnellate di ortofrutta, quantitativo molto simile a quello dell’anno precedente. Sia gli acquisti di frutta che quelli di verdura sono rimasti su livelli molto prossimi a quelli del 2006: la frutta infatti segna una diminuzione dell’1% e la verdura invece non si scosta da 3.700.000 tonnellate dell’ anno precedente.
Per quanto riguarda la distribuzione degli acquisti di ortofrutta per canale commerciale, in termini quantitativi, l’unica variazione che si nota rispetto all’anno scorso è una ulteriore flessione della quota di mercato spettante al dettaglio ambulante e ai mercati rionali, scesi dal 32% al 29%, e un corrispondente rafforzamento dei supermercati, saliti dal 30% al 31% e degli ipermercati, ora all’11% del totale.
Per gli altri canali si nota una certa stabilità. Per il dettaglio specializzato, i cosiddetti “fruttivendoli”, si conferma il 18% dei due anni precedenti.
Situazione stabile rispetto al 2006 anche per i discount, che mantengono il 6%.
Il 2007 segna il sorpasso della Distribuzione Moderna rispetto a quella tradizionale: la penetrazione di questi canali è infatti ora al 51%.
Questo nel territorio nazionale. Ed in Veneto? Basta guardare i numeri per rendersi conto della situazione:
Una falcidia fra l’11 e il 12 per cento in cinque anni. Per questo siamo andati a vedere sul campo cosa succede.
Anzianità di servizio
> 20 anni
11
fra 10 e 20
6
< 10 anni
1
Abbiamo intervistato una serie di esercenti sparsi fra le province di Treviso e di Vicenza, e, come si può notare, la quasi totalità dei negozianti ha alle spalle una storia non indifferente, fattore che probabilmente segnala una professionalità di buon livello.
Quasi tutti si dichiarano più o meno soddisfatti del proprio lavoro, pur lamentandosi della pressione fiscale, della burocrazia. Importante rimane, fra i fattori positivi, il contatto col cliente, fatto in autonomia, che lascia esplicare la propria professionalità in questo settore visto come bello e vario.
Questa autonomia viene pagata spesso con l’orario di lavoro, legato all’apertura dei mercati ortofrutticoli: quasi tutti vi si recano alle 4 d mattina, salvo alcune zone in cui il mercato apre il pomeriggio.
Tanto lavoro non viene giustificato dagli esercenti dal guadagno reale, tanto che sembra che ormai lo facciano più per passione che per altro, tanto è vero che quasi nessuno auspica di far entrare i figli in questa attività.
Dalle risposte avute possiamo dedurre anche che la maggioranza sia refrattaria a rinunciare alla propria autonomia, pur in presenza di forme più moderne di conduzione aziendale che permetterebbero di ridurre il carico di ore lavorative ed i costi di approvvigionamento, cosa che stranamente sta avvenendo in un settore considerato da sempre più regredito come l’agricoltura.
Qui i fattori dominanti sono la qualità, a prescindere che si tratti di prodotti come i cereali o specializzati come l’ortofrutta ed il florovivaismo, e la razionalizzazione della gestione in vista della diminuzione dei costi e di una prospettiva di sviluppo di più ampio respiro.
Probabilmente l’età di servizio piuttosto elevata non sprona all’evoluzione, pur trattandosi di un settore importante dell’economia nazionale e per la società nel suo complesso. Quali i rimedi? Probabilmente dovremo affidarci a catene volontarie e a negozi di vicinato gestiti in qualche modo dalla GDO, imposti come obbligo per sovvenire alle esigenze dei centri più disagiati e delle fasce più anziane della popolazione.
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