Notizia del 14/06/2006
Di solito quando si parla di aziende, un vecchio adagio imparato nelle redazioni dei giornali di provincia, ripeteva ai praticanti giornalisti che, quella, era tutta ‘reclan’.
Ci stava dietro questa opinione (perché di opinione si trattava, a tutti gli effetti), l’idea che il mondo delle aziende è comunque il mondo del profitto, del successo economico e, quindi, il parlare di loro doveva essere adeguatamente pagato nel settore pubblicitario.
Si trattava insomma di una visione antindustriale, figlia di una cultura zoppa, incapace di comprendere come la cultura d’impresa sia portatrice, nei casi ovviamente positivi, di valori e sistemi di comportamento eticamente ineccepibili. Così quando qualche azienda sostiene le attività culturali e sportive, è sempre molto difficile leggere in un servizio di cronaca il nome del partner o dello sponsor.
“Da anni - ci dice Alfonso Gallina, titolare della omonima azienda di San Pietro di Barbozza che opera nel settore degli scavi e del movimento terra - appoggio le iniziative sportive e le manifestazioni del territorio, perchè sono convinto che le aziende abbiano una responsabilità sociale e che la debbono esprimere in atti concreti, nella comunità in cui vivono ed operano”.
Una visione imprenditoriale moderna non può fare i conti con questa impostazione culturale, che è figlia di un nuovo modo di concepire l’azienda come ‘struttura’ capace di dialogare con l’esterno da sé.
“L’immagine dell’imprenditore chiuso in sé stesso, magari laborioso e dedito soltanto all’accumulare denaro, è decisamente fuori tempo. Anche l’individualismo esasperato che ha segnato negativamente i rapporti fra gli stessi imprenditori in un recentissimo passato, è divenuto, francamente, una palla al piede. Occorre dotarsi di una cultura più aperta, capace di interpretare a fondo i segnali e i fermenti della società civile.”
Ma il mondo dell’informazione ha colto questi segnali di rinnovamento?
“In generale i giornalisti sanno che una visione miope del pianeta azienda non è più al passo con i tempi. Ma è subentrata un’altra ‘veste’ del vecchio discorso. Quando si parla di aziende interviene il settore pubblicitario della casa editrice che reclama a gran voce i propri diritti. Via allora le pagine a pagamento dei cosiddetti pubbliredazionali, che altro non sono che servizi informativi pagati.
Però quando vi sono notizie di cronaca negative si parla volentieri delle aziende, salvo mai rettificare poi con la stessa evidenza, quando la notizia appare destituita di fondamento o esagerata.”
Nelle parole del sociologo Maurizio Del Corno traspare l’amarezza di chi conosce bene la storia.
Alfonso Gallina da circa due anni appoggia non soltanto le iniziative locali, ma partecipa quale partner alle iniziative de Le Terre del Gusto, che affrontano tutte le tematiche dell’abitare di qualità.
“E’ stata una scelta un po’ "controcorrente", che ci fatto conoscere un mondo a noi del tutto ignoto, il mondo dell’informazione. Al di là dell’impegno finanziario, siamo entrati in una logica culturale del tutto innovativa, che privilegia gli aspetti "sociali" dell’azienda. D’altronde una certa predisposizione alla cultura e alla formazione esisteva già: la nostra è una delle prime aziende del settore ad aver seguito tutto il percorso per la certificazione Iso”.
Un percorso impegnativo,per un settore troppo spesso chiacchierato.
“Nessuno pensa, per esempio, a tutti i lavori di sistemazione ambientale di manutenzione del paesaggio (per esempio quello di montagna e collinare), che una azienda come la nostra fa quotidianamente. Si parla di guadagni del tutto favolosi e non si pensa agli ingenti investimenti in macchinari, attrezzature e tecnologie, ai quali dobbiamo dedicare gran parte dei nostri utili. L’immagine del nostro settore ha bisogno di una buona informazione, veritiera, non di pubblicità a pagamento”.
Dunque anche la partecipazione a progetti ed iniziative d’informazione che puntano alla valorizzazione del territorio serve a veicolare una immagine qualitativamente diversa?
“Certamente. Vogliamo però che l’immagine trasmessa non sia esagerata. Crediamo che la verità sia già di per sé rivoluzionaria, rispetto al si dice.Chi lavora bene e con coscienza non deve aver paura dei giornalisti e del mondo dell’informazione”.
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