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Il radicchio rosso di Treviso

Notizia del 25/01/2015

Fiori d'inverno

Tra i molti elogi al Radicchio di Treviso, sembra opportuno riportarne alcuni significativi messi per iscritto da personaggi che hanno contribuito a farlo conoscere e apprezzare non solo come prodotto orticolo ma come espressione culturale della propria terra. Li trascriviamo in ordine di tempo poichè la loro progressiva lettura darà modo di comprendere non solo l’entusiasmo e la passione con cui la coltura è stata sempre seguita, ma anche gli sviluppi tecnici, promozionali e commerciali che hanno caratterizzato questa continua evoluzione, a testimonianza di una realtà di successo che non è casuale ma frutto di una comune e costante tensione verso la qualità [...]

Il Radicchio Rosso di Treviso di Giuseppe Maffioli - Da La cucina Trevigiana (1985)

Il Radicchio di Treviso e di Castelfranco Veneto sono l’estremo dono della terra, che, quando l’autunno si assopisce nell’inverno, dall’umiltà verdognola del campo, sommersi negli stessi umori della stagione in dissolvimento, si gonfiano di linfe trionfali che danno loro un colore ed una consistenza impareggiabili. Il rosso, tono dominante della natura moribonda, diviene risplendente nei riflessi dorati, e si erge nella sua crescente freschezza come su steli di alabastro, a cantare una vita che sfida i rigori dell’inverno e se ne avvantaggia.

Il “rosso” del Radicchio di Treviso, con l’intera tavolozza dei gialli, dei verdini, dei rossi, dei bianchi, degli ocra, nelle magnifiche rose del radicchio di Castelfranco, diviene più dolce e più morbido. Strano, ma nel Radicchio di Treviso, dalla linea gotica slanciata, ed in quel di Castelfranco, dalle morbide volute rococò, sembra sintetizzarsi quasi l’antica anima veneta, dalle ancestrali osservanze religiose, dal profondo rigore morale, dalle speranze rivolte ai cieli, sino alla delicata contemplazione della natura, ed al gusto di aderirvi serenamente con una semplicità assoluta che diviene raffinato uso delle gioie che essa propone saggiamente ed onestamente ai sensi.

Un fiore che si mangia sulle tavole di Natale di Giuseppe Mazzotti

Pubblicato nel marzo del 1960 su “Le vie d’Italia” del Touring Club Italiano

Si può facilmente supporre che il gusto di mangiar fiori sia venuto nel Veneto dall’Oriente: violette candite, fiori di zucca cotti a frittelle, fiori d’acacia in bei grappoli dorati e odorosi; ma tutto ciò non è straordinario, né avviene soltanto nel Veneto, poiché fiori si mangiano anche in altre regioni. Volendo essere precisi, si deve anche dire subito che non si tratta questa volta di autentici fiori, sebbene taluno, che non li conosceva, nel riceverli in dono abbia pensato di adornare la casa, e qualche altro – avendo i cespi una grossa radice - li abbia addirittura piantati in vasi.

Si tratta, semplicemente, di due diversi tipi di ortaggio invernale: il Radicchio Rosso di Treviso e ilRradicchio Variegato di Castelfranco Veneto. Comunemente essi sono confusi l’uno con l’altro e noti col nome generico di "Radicchio Rosso” o “Radicchio di Treviso” (in qualche ristorante sono presentati addirittura come “insalata di Treviso”, espressione che fa inorridire i trevigiani). [...]

La coltivazione di questo ortaggio si fa in pieno campo, dopo il frumento: è quindi un secondo raccolto prezioso. Ma se la coltura è facile, molto difficile riesce l’imbiancamento, un lavoro di accortezza e di pazienza in cui i produttori della Marca Trevigiana sono maestri. Quasi tutto il radicchio messo in commercio proviene dalla “forzatura” fatta al coperto: il sistema, negli ultimi tempi, ha guadagnato dal lato igienico, e vien fatto per il radicchio trevigiano, con l’uso di casse nelle stalle o in stanze riscaldate; e nella zona di Castelfranco per lo più in magazzini o in cantine sotterranee.

Sia con l’uno sia con l’altro sistema, i radicchi, o per meglio dire le radici, vengono levate dal terreno con molta cura, a mano a mano che occorrono. Sotto i portici, o nelle stalle in tempo di filò (è una sorta di ricevimento mondano ad uso dei contadini), si puliscono dalle barbe e dalla terra, si spogliano dalle foglie appassite o cotte dal gelo, e legati a mazzi vengono poi riposti ben stretti al chiuso fino a totale imbianchimento. Il punto giusto di maturazione lo giudica con occhio esperto l’agricoltore.

Slegati i mazzi, i cespi di radicchio vengono liberati dalle foglie guaste, le radici ripulite e ridotte alla giusta proporzione, le foglie aperte (per gli esemplari da esposizione) con l’arte consumata del fioraio che allarga e dispone i petali dei fiori da mettere in vetrina. Il radicchio è pronto per la mostra o per il mercato: ben diverso in ogni caso “dall’insalata di Treviso” d certi ristoranti. Perchè, naturalmente, si cerca di coltivare quest’ortaggio anche in altre regioni; ma la qualità – possono ben dire gli agricoltori trevigiani – “imitata sempre, non è uguagliata mai”.

Probabile che essi nascondano qualche piccolo segreto, come è possibile che la bontà derivi non tanto dal tipo di coltura, quanto dal clima, o dalla qualità della terra e dell’acqua: certo è che chi vuole l’autentico radicchio rosso deve andarlo a prendere a Treviso o farselo spedire da qualche amico. [...]

Articoli tratti dal volume Fiori d'Inverno (2005 - Biblos edizioni)

 

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