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Notizia del 19/10/2013
L'epopea della grande famiglia feudale insediatasi dapprima ad Onara (Cittadellese, alta Padovana), su investitura dell'imperatore Corrado II il Salico sceso in Italia per far valere i suoi diritti sul papato, quindi a Castello di Godego ed infine a Romano (poi d'Ezzelino).
Il più famoso rappresentante, nel bene o nel male, è Ezzelino III soprannominato 'il tiranno di Padova'.
Sulla sua figura ruota il trapasso dalle concezioni profondamente feudali, delle quali può essere indicato come ultimo -estremo- difensore, all'albore rinascimentale con la vivace intraprendenza dei liberi comuni. Al tempo stesso l'idea, e l'utopia, di Ezzelino era la riunificazione in un unico regno di tutta la vasta regione comprendente la 'marca veronese' (il Veneto), il Friuli e la Lombardia. Egli era profondamente avverso all'"anarchia" comunale.
Alla fine fu un perdente e, come sempre, l'accanimento dei vincitori (tra i quali si schiera Dante Alighieri) cancella le tracce del vinto per trasformarle in leggenda sanguinaria. Ezzelino non fu un malvagio, fu uomo del suo tempo che fu tempo certamente sanguinario, ma fu anche uomo di filosofie per lui, radicato profondamente nel feudalesimo, impossibili da realizzare.
Le sue idee si concretizzeranno un centinaio d'anni dopo e soprattutto con la federazione nella Veneta Serenisima Republica di tutto il Veneto, parte del Friuli e della Lombardia, avvenuta nei primi anni del quattrocento.
E' una figura da rivalutare, e da sfrondare dal concetto di malvagità, che s'impone tra i personaggi più importanti di quell'epoca e uno dei massimi cardini, a cavallo tra politica e filosofia, della storia medioevale.
Sui luoghi ezzeliniani
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