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Mediterraneo, da bene collettivo a fattore di coesione e di sviluppo

Notizia del 31/05/2011

E’ da disperati l’aspirazione ad annullare il divario Nord Sud. Serve solo a incrementare i mestieranti del risarcimento del danno che l’unità d’Italia ha provocato al Mezzogiorno. A elemosinare qualcosa di più del semplice piatto di lenticchie. A costruire qualche fortuna sulla lamentosità di tanta gente che, vivendo sotto la soglia della povertà, è pronta alla qualsiasi e forse anche di più. Non serve! Milano non è raggiungibile e non costituisce un modello. Ha pure i suoi problemi che vanno affrontati con intelligenza e generosità. Con altrettanta intelligenza e generosità dovranno affrontare i loro problemi il Sud e, nel Sud, la Sicilia.

Salvatore Parlagreco con lucidità ha ricostruito sul Corriere di Gela un momento della storia recente del Sud e di una città simbolo attraverso il riferimento al lavoro egregio fatto dal sociologo norvegese Eyvind Hytten. Industrializzazione senza sviluppo, fu lo studio del fallimento di un processo di industrializzazione che provocò l’abbandono delle campagne, lo sradicamento di alberi, la devastazione del territorio e – perché no? – delle coscienze. Il guaio è che a tanti anni di distanza non ce ne usciamo da quelle logiche e ci contorciamo incapaci di pensare un futuro. Non certo a prescindere, ma andando oltre.

Non certamente annullando tutto ciò che l’industria ha smosso dopo secoli di quasi totale immobilismo. Ma prendendo atto del fatto che lo sviluppo di Gela e della Sicilia deve guardare altrove e lontano. Per me significa : guardare a quello che sta avvenendo nel Mediterraneo e esercitare la mente a pensare che oggi lo sviluppo non è solo quello che mira a produrre merci e a piazzarle sul mercato. Perché oggi è possibile produrre merci senza creare assolutamente sviluppo. La lezione ci viene dalla riflessione sulla situazione generale italiana. Dove, a detta dei dati forniti dagli istituti specializzati, si registra una pur minima ripresa nella produzione grazie alla domanda esterna. Cioè, mentre fabbriche, scuole, ospedali e servizi vari dimezzano il personale, ne mandano altro in cassa integrazione, altro ancora lo cambiano continuamente con cosiddetti contratti atipici. Ai giovani viene tagliato il futuro. Fuggono anche dalla scuola ma per annegare nel nulla. Lamentarsi? Ha ragione il presidente della Fondazione per il Sud nel notare che qui non mancano le eccellenze. Ancora più ragione nell’evidenziare quello che a me appare un gravissimo delitto: la scarsa, nulla considerazione delle eccellenze che non difettano sul piano individuale e nell’azione collettiva specie nel volontariato.

Manca la coesione sociale per cui non può esserci sviluppo. Ha ragione! Occorre crearla la coesione sociale attraverso la valorizzazione dei beni collettivi.

Quali beni collettivi? Intanto il sapere che non è bene individuale, soprattutto oggi che disponiamo potentissimi strumenti di creazione e di divulgazione di saperi. E poi, per quel che ci riguarda, la posizione geopolitica alla quale ci ha destinato la storia. La Sicilia al centro del Mediterraneo.

Incrocio e luogo di ibridazione di culture varie. Il loro mescolamento anche con le culture altre, come nel caso dell’incontro con quella dei Normanni, ha determinato sviluppo nel passato. Oggi il Mediterraneo è ambito da Cina e India con le loro economie emergenti e rampanti. Ma torna ad affacciarvisi la superpotenza americana aiutando, come avvenne nel ’43 nella Conferenza di Casablanca, i ribelli del Nord Africa impegnati a conquistarsi la loro libertà e la loro democrazia. Bene? Che fa la Sicilia? Si rende conto che la coesione può essere cercata attorno a questo bene comune – la posizione strategica al centro del Mediterraneo- che , immateriale, può costituire fattore di coesione e, per dirla col dott. Carlo Borgomeo volano per lo sviluppo?

Grazie al sempre amico Salvatore Parlagreco. Certo che ci manca!

Autore : Luciano Vullo dal Corriere di Gela

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Notizia n. 763 dalla Sicilia

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