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Ma quali Pro Loco ?

Notizia del 26/08/2008

Ma quali Pro Loco?

L’invito ad aprire un dibattito sui temi d’un turismo che serve e d’un giornalismo che non serve…,ci spinge ad alcuni riflessioni sulla notizia del 24 agosto di G. Pagano e in special modo sulla difesa delle Pro Loco quali Associazioni di cosiddetto “puro volontariato”.

Innanzitutto leggiamo d’un giornalista la cui funzione sia esercitata “con scrupolo e serietà”, come se ogni giornalista scrivesse su liberi fogli ed in assenza di veti o “consigli forzati” della propria Direzione o dei suoi Editori…Il che non appartiene alla realtà, e scriverlo, conoscendo la situazione reale, ci sembra una contraddizione non utile a nessuno. Sarebbe come parlare del sesso degli angeli… piuttosto che di situazioni concrete e reali in cui immedesimarsi e fornire contributi, senza restare su vaghe nuvole teoriche o di buone intenzioni illusorie!

Ma poi, e soprattutto, di quali Pro Loco stiamo parlando?

E di quali Associazioni di volontariato?

Certo se ci riferiamo all’attività ed abnegazione di molti singoli e semplici adepti è giusto dire ciò, ma se ci si riferisce a chi le presiede o gestisce, allora ci si dimentica dei contributi che comunque prendono, degli interessi personali che le dominano e dei danni che procurano nel sostenere indistinte sagre della birra (in terre di vino…), o di celebrazioni di paelle spagnole o gulasch ungheresi -falsamente internazionali- (in terre d’identità di prodotti locali, quando non STG, Dop, ecc….) od in occasioni quasi sempre d’ossequio al politico dominante di turno.

Il coraggio, anche dell’Italia del Gusto, come per altro già palesato in tante occasioni, non ci sembra sia nel riconoscere situazioni esistenti di questo genere, quanto nel rovesciare questa logica d’una realtà arrogante, spesso ignorante (e provinciale, nella peggiore accezione) e capace solo di produrre carrozzoni ripetitivi con Associazioni nazionali che riscuotono fondi, e d’un volontariato interpretato solo dai “soldati”, mentre gli ufficiali (che le presiedono) si beano di ben altri sostegni e finanziamenti.

Basta visitare (e avvicinare) certi stand a manifestazioni nazionali od internazionali con hostess accompagnatrici solo per altri scopi, o verificando la qualità del materiale distribuito e privo d’ogni emozione coinvolgente ed illuminante, per capire la realtà delle cose.

Certo, il “Prodotto Italia” sicuramente è e resta multiforme, anche nella rivalutazione dei piccoli borghi e delle piccole realtà, ma se libero da mentalità d’ossequio e di gestione patriarcale del bene turistico (arte, tradizione storica, enogastronomia) senza distinzioni tra Consorzi, Pro Loco o quant’altro d’italico uso ed abuso, e capaci quasi sempre di produrre soltanto del potere insieme ad una sovrana ignoranza.

Il coraggio sta nel rompere questi equilibri spesso ammuffiti e ottusi, proponendo nuovi linguaggi ed esperienze, e con quel tocco d’emozione e sensibilità (anche da parte del giornalista che “racconta”), ove ogni viaggio, foss’anche di pochi chilometri, sia capace di lasciare un segno che non s’identifica con il banale ricordo made in Cina o Taiwan.

Bruno Sganga

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