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Tavole Libere e ammutinate

Notizia del 03/11/2010

La critica (e dunque anche quella enogastronomica) è da sempre una delle attività più arbitrarie e discutibili. Proprio perchè spesso pretende di dettare scale di valori in base a supposti criteri oggettivi che, per altro, non vengono mai esplicitati in quanto tali. A questo si aggiunga il vizio diffuso nel giornalismo italiano odierno di spacciare opinioni per fatti e di basarsi su luoghi comuni e pregiudizi che, in quanto tali, non vengono nemmeno dimostrati. Per non parlare quando la critica diventa militante (o faccendiera e di parte) per cui tutto è magnifico, maestoso, innovativo, interessante, bello, intelligente e di tendenza! Se si tiene conto (citando dizionari) che la critica è un esame circostanziato di un fatto o di un'opera letteraria, scientifica, teatrale, artistica, ecc, valutandone gli aspetti contenutistici, estetici e storici, si capisce quale sia, o debba essere la funzione d’un critico, anche quello enogastronomico. Dunque non tanto la funzione di giudicare, ma piuttosto quella di raccogliere informazioni offrendole con equità e buon senso al “lettore” e, per quanto riguarda il nostro mondo di cibi e vini, di raccontare dei territori, dei loro prodotti e di saperli interpretare con quell’emozione basilare che si avverte dinanzi ad un’opera artistica, sia essa un quadro, un libro, ecc, al pari d’un manufatto artigiano o d’un piatto che parla di prodotti e usi o un vino che racconta della propria terra.

In tal senso, il critico enogastronomico nell’immaginario collettivo dovrebbe pertanto essere colui che, libero da ogni sua preferenza o gusto, dovrebbe avere le capacità di discernere ciò che è oggettivamente buono da ciò che non lo è. Il che equivarrebbe ad una figura con capacità sovrumane riuscendo a capire tutto ciò che è buono in senso assoluto da ciò che non lo è! Mentre, molto più semplicemente, tutti siamo capaci di dire se una cosa ci piace o no, ma nessuno può assurgere a dichiarare senza possibilità di smentita che un piatto o un prodotto siano oggettivamente buoni senza anche tener conto degli usi così diversi tra cucine e tradizioni (od innovazioni) diversissime.

Eppure in certe occasioni da questi “critici” e dalle loro recensioni su guide o servizi specializzati, dipendono un intero progetto o certi investimenti che hanno segnato la vita d’un ristoratore o produttore. Ecco perché ci sembra che solo il rispetto degli altri, una forte dose di buon senso e l’assenza d’una cattiveria (gratuita o interessatamente pilotata) possono essere alla base del “racconto” che un critico deve poter fare quando narra di ciò che ha visto e vissuto.

Non basta certo una “raccolta di informazioni”, quanto il (buon) senso del gusto che si è provato insieme a quella suggestiva emozione per cui si distingue colui che mangia (per saziare la fame) da chi degusta mangiando, anche se per rispondere all’oggettiva necessità che l’appetito alimenta.

Non a caso i primi veri narratori dell’Italia enogastronomica come Hans Barth nel 1908 con la sua Guida spirituale alle Osterie Italiane e Giovanni Mariotti nel 1930 con Itinerari Gastronomici degli anni ’20, descrissero delle città italiane e di alcuni personaggi di questo mondo, fornendo visioni ed emozioni (insieme a disegni o caricature) prima ancora che semplici menù e indicazioni di prodotti e vini.

Ebbene è questo il giornalismo enogastronomico intorno a cui ruota, e deve sempre puntare, l’Italia del Gusto, senza remore o tentennamenti, pur consapevole di molti e interessati nemici. Sappiamo tutto che da più parti ormai si indica come certe guide (di vini e ristoranti) ove non sono emerite marchette, sono solenne bufale spesso piene di errori, scopiazzature e censure di provenienza politica. Noi non vogliamo giungere a dire (come qualcuno ha con impeto sottolineato) che al critico enogastronomico, come per giocare a golf, non è indispensabile essere cretini, ma aiuta…. Né evidenziare che l’attuale critico di Panorama (anche televisivo) è un ex Direttore (cioè Direttrice) della rivista house-organ della Weight Watchers Italia (che ormai ha definitivamente chiuso i battenti), o che spesso sulle riviste e guide il solo abbinamento che conta è quello all’unisono di pubblicità e pagine redazionali di sostegno (basterebbe visionare i contratti di pubblicità o le lettere che confermano un certo “agreement”). O piuttosto, di urlare come i fans alla Beppe Grillo che Gambero Rosso (rivista e canale su Sky) con i suoi percorsi country ed i week-end eno-gastronomici tra BMW X5 e Porsche "Cayenna", serve soprattutto a stimolare interessate atmosfere raffinate delle enoteche in centro città e nelle Città del Gusto, piene di sbarbatelli sinistrorsi che non sanno distinguere un Merlot da un Primitivo ma che tanto apprezzano i retrogusti di frutto di bosco del primo aceto rosso che gli versano tra le mani..! Certo è che sono pensieri che vanno tenuti in debito conto.

Mentre è pur vero che l’incontro con un vino come con un piatto, significa spegnere il cervello ed avvicinarsi senza nessun preconcetto, aspettativa o pensiero fuorviante, invece di lasciarsi guidare dai propri sensi, lasciando che questi frughino nel magnifico archivio olfattivo-emozionale che c'è nell' “hard disk della nostra mente” (come qualcuno ha magnificamente scritto), e che a un certo punto ci diranno "mi emoziona o non mi emoziona", per chi sa ascoltare e distinguere.

Per chi si sente vicino all’Italia del Gusto non deve esserci alcuna frenesia nel dirsi "esperti" di vino o di cibo in quanto oggi é una cosa che fa tendenza. Assai meglio è “sentire” tutto questo, perché è anche una questione di educazione, di cultura o di naturale indole, così come una persona dotata di orecchio quasi assoluto sa riconoscere ogni singola nota in un brano per poi godere di tutto l’insieme di quella musica.

Una filosofia che ci accomuna e distingue, di cui dicevamo all’inizio, da tutto quel giornalismo ambiguo e presenzialista, preda di quella di quell’eventolismo (o mania dell’evento, come chiosa splendidamente Isabella Bietolini in un inserto del Sole 24 Ore ) per cui si spostano folle di turisti e visitatori e dove ciò che conta è “guardare” ma non vedere, “partecipare” ma non conoscere e riconoscere.

Basta solo affermare, proprio come quel certo giornalismo, io c’ero!

Bruno Sganga

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Notizia n.1110 dal Lazio

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